Nel 1974 ricorreva il quinto centenario della nascita di Ludovico Ariosto e il fermento culturale, ferrarese e nazionale, legato alle celebrazioni ariostesche fu, probabilmente, il detonatore creativo che spinse l’artista centese a immaginare e creare i suoi “cavalieri inesistenti”, anche se poi si servi di molti differenti motivi ispiratori per organizzare la sua creatività: Ariosto certamente ma anche Italo Calvino (Vidoni aveva soprattutto in mente il suo celebre romanzo Il cavaliere inesistente, pubblicato nel 1959), la fantascienza, i fumetti, il cinema, ecc.
Nel ciclo pittorico vidoniano dei cavalieri inesistenti è possibile cogliere in filigrana allusioni ariostesche, abilmente mascherate, innanzitutto al paladino Astolfo, mutato in arbusto dalla maga Alcina, ma pure ai cavalieri sconfitti e imprigionati dal mago Atlante. Nell’interpretazione vidoniana, così come del resto accade in molte riduzioni/interpretazioni popolari del “Furioso” l’ippogrifo è sostituito da un cavallo volante (in Vidoni però l’animale è scarlatto e privo di ali) e il castello dell’incantatore è raffigurato come una idealizzata visione di Cento, secondo quella che è la rappresentazione tipica della cittadina padana nella poetica pittorica vidoniana degli anni settanta.
Vidoni interagì ciclicamente con la materia ariostesca anche negli anni successivi. Nel 1987 il Centro Etnografico del Comune di Ferrara realizzò la mostra studio itinerante Sulle orme di Orlando. Leggende e luoghi carolingi in Italia, con cui venivano presentati i risultati di una campagna di ricerca etno-storica, condotta a livello nazionale, per indagare la persistenza dell’epica carolingia nella cultura popolare orale, alla quale collaborò anche Vidoni. A essa era correlata un’ulteriore mostra, I celebranti nel tempio e nella cripta di Orlando, a cura di Franco Solmi, e Angelo Andreotti, in cui numerosi artisti contemporanei “celebravano” i Paladini di Francia. Bruno Vidoni partecipò a questa mostra realizzando una suggestiva installazione costituita da diverse armature vuote, che recuperavano e riscrivevano l’intuizione creativa alla base delle opere pittoriche e grafiche del decennio precedente.
Sempre nel 1987 e sempre per la mostra dei Celebranti, Vidoni realizzò una serie di fotografie ispirate ai personaggi del Furioso con la complicità creativa dell’amico Giorgio Celli, dove l’etologo, entomologo, critico d’arte e artista bolognese indossava un’armatura e si calava nei panni metallici di un improbabile Orlando ariostesco, in posa accanto ad ancelle, principesse e guerriere, figure femminili che di volta in volta inneggiavano a Marfisa, ad Angelica, a Bradamante, ecc. Gli studi fotografici ispirati ai personaggi femminili del Furioso si dilatarono ben oltre la mostra, protraendosi almeno sino al 1992, quando l’artista centese allestì nella propria abitazione l’antro di una incantatrice, idealmente ispirata all’ariostesca Alcina, la maga.
I primi studi fotografici sulle donne in armi, tuttavia, sono precedenti alla collaborazione con Giorgio Celli e vengono realizzati tra il 1983 e il 1985. Queste prime amazzoni guerriere non sfoggiano armature rinascimentali, ma indossano panni di foggia “barbarica”. Le spade sproporzionate e le pose volutamente sopra le righe rivelano la matrice fondamentalmente fumettistica di questi scatti, non la Marfisa ariostesca ma piuttosto la Red Sonja di Barry Winsor-Smith o la Ghita di Alizar di Frank Thorne La serie pensata per accompagnare Celli sulle orme di Orlando nel 1987 fa tesoro delle speimentazioni messe in cantiere alcuni anni prima.