Nei suoi “dialoghi con la Metafisica” Vidoni omaggia esplicitamente l’opera di Giorgio De Chirico, ricombinando con dei collages pittorici elementi tratti dai dipinti del maestro di Volos. Nelle due grandi tele che portano il titolo Piazza d’Italia, ad esempio, realizzate negli anni ottanta, sono riconoscibili elementi desunti dai dipinti dechirichiani Gioie ed enigmi di un’ora strana e Le delizie del poeta (entrambi del 1913) e dalle celebri Muse Inquietanti (1918). Di quest’ultima opera Vidoni, nella sua reinterpretazione, mantiene la rampa inclinata, il castello estense e l’edificio industriale, propri dell’originale dechirichiano, andando però a sostituire ai manichini delle Muse inquietanti quelli di Ettore e Andromaca, opera anch’essa di De Chirico (1917).
Vidoni non si è limitato dunque ad un mero processo ricombinatorio, innestando invece particolari stranianti o estranei alle opere metafisiche omaggiate, come la figura femminile e le mele. Inoltre è opportuno notare che le ombre nette, elementi caratterizzanti la pittura Metafisica, spariscono dai dipinti vidoniani. Altre opere realizzate seguendo il medesimo processo creativo sono Percorso, ove Vidoni cita la statua equestre della tela dechirichiana La torre rossa (1913) e Eser/citazione, di cui s’ignora l’attuale collocazione (ne esiste solo testimonianza fotografica negli archivi di Casa Vidoni). In questa natura morta, l’artista centese omaggia Carlo Carrà, utilizzando lo sperimentato “bricolage” pittorico: accanto a mele rese con stile iper-realistico, una sorta di firma ricorrente per Bruno Vidoni, troviamo invece, di ascendenza carraiana, una tromba e un pesce, derivati rispettivamente da Antigrazioso (1916) e L’ovale delle apparizioni (1918).
La Metafisica è un movimento consono (e caro) agli interessi vidoniani e molti riferimenti e rimandi compaiono già in alcune opere degli anni sessanta e settanta, segnando pittura e, poi, fotografia.. Ma è lungo gli anni ottanta e sino ai primi novanta che gli interessi vidoniani configurano un vero e complesso dialogo con il movimento di De Chirico, Savinio e Carrà. È. praticamente certo, che il rinnovato interesse vidoniano per la Metafisica sia stato risvegliato dal clima di riscoperta che aveva invaso Ferrara. Nel 1980 il Palazzo dei Diamanti aveva dedicato un’ampia retrospettiva ad Alberto Savinio. Nel 1981, con ampio riscontro nazionale, era stato aperto in città, a Palazzo Massari, voluto da Franco Farina, direttore delle civiche gallerie d’Arte moderna e contemporanea di Ferrara e impostato da Maurizio Calvesi, il Museo documentario della Metafisica. Nel 1985 ecco la grande mostra dedicata a De Chirico al Palazzo dei Diamanti affiancata da Il castello. Origini, realtà, fantasia, fruibile all’interno del Castello estense. Per l’occasione, nel fossato della dimora fortificata degli Estensi venne allestita un’installazione di grande impatto che, pensata dall’arch. Paolo Portoghesi, fece scalpore. Richiamandosi alla Metafisica dechirichiana e puretingendola di atmosfere pop e kitsch, veniva proposto un gioco trompe l’oeil in cui il castello diventava scenografia: davanti all’edificio su di una rampa inclinata, veniva collocata una “riproduzione” tridimensionale delle Muse Inquietanti.
È certo che Vidoni sia stato catturato da questo clima celebrativo di riscoperta e abbia deciso di parteciparvi, non solo con l’elaborazione di dipinti ma anche di due splendidi manichini, oggi in collezione privata.