Con questa operazione l’artista centese intendeva “verificare” alcuni meccanismi di diffusione della devozione e della credulità popolare. Allo scopo realizzò dapprima finti ex voto dipinti su tavole lignee, poi arricchì l’universo della Santa con finte icone, finte reliquie, finti santini e persino imbottigliò “vino miracoloso” con l’effige della Bladina sulle etichette delle bottiglie.

Questo processo creativo appare oggi idealmente in debito con quello precocemente seguito da  Buzzati, che nel 1971 aveva pubblicato I miracoli di Val Morel, dove l’autore bellunese (che Vidoni apprezzava e conosceva come scrittore e come autore del Poema a Fumetti) aveva presentato una serie di deliziosi racconti verbo-visivi ispirati alla tradizione dei dipinti votivi. L’idea di utilizzare i linguaggi popolari degli ex voto per sperimentazioni artistiche concettuali “laiche” era però maturata a Vidoni senza una conoscenza diretta di questo volume. In maniera autonoma e seguendo strade differenti Vidoni giunse a intuizioni artistico-linguistiche simili a quelle buzzatiane, 

La finzione vidoniana, tuttavia, si spinse oltre: l’artista centese si inventò addirittura un paese, Santa Bladina, di cui la santa era patrona, collocandolo geograficamente nella provincia romagnola di Forlì, non distante da Bertinoro. Autoproclamatosi assessore alla cultura dell’inesistente cittadina, Vidoni riuscì in tale veste a farsi accreditare, nel 1989, agli Stati Generali degli assessorati italiani alla Cultura, che tenevano simposio nazionale a Ferrara. Assistette ai lavori, strinse relazioni e intrattenne gruppi di veri amministratori pubblici con performance verbali che raccontavano di strampalate iniziative messe in atto dalla “sua” amministrazione comunale per incrementare il turismo. Tutto questo accadeva un decennio prima che il comico e cabarettista Paolo Cevoli si inventasse i divertenti sproloqui “politichesi” del Palmiro Cangini, assessore dell’immaginario comune romagnolo di Roncofritto.

In quello stesso anno la felice invenzione di Santa Bladina trovò un ulteriore sbocco. Sulle pagine di “Fhototeca”, rivista pensata da Ando Gilardi, in un numero monografico intitolato La puttana artificiale venne pubblicato La beata artificiale alternativa, ovvero il “primo romanzo alternativo sacro/erotico” di Vidoni, al quale si riconosceva “il merito della rivalutazione della Vita e delle Opere della Beata Bladina da Cento, poco nota al di fuori delle sue terre, dove peraltro ha operato diversi miracoli”. Alle false immagini devozionali erano abbinate altrettanto fasulle fotografie pseudo-ottocentesche da maison, realizzate dallo stesso Vidoni con la complicità di modelle amiche, affiancate da autentiche foto d’epoca (risalenti ai primi del Novecento), ovvero foto segnaletiche di degenti dell’Ospedale Psichiatrico di Ferrara. Il testo non era una semplice recensione delle immagini vidoniane: l’operazione, nel suo insieme, andava a costituire una ironica quanto provocatoria sperimentazione semantica e iconografica.