Anche in questo caso l’artista centese disseminò indizi per consentre di cogliere la dichiarata impostura, come la targa stradale dove si legge “Whidony street” e l’uso del grandangolo spinto nella ripresa degli scontri.
Con la complicità di Ando Gilardi il servizio venne inviato alla rivista “Fotografia italiana”, alfiere della fotografia impegnata e di reportage, che prendendolo per vero lo pubblicò col titolo L’odio brucia l’Irlanda. La burla venne svelata nei numeri 6 e 8 del 1973 di “Photo13”, innescando un vivace dibattito che riscoprendo anche le finte immagini della guerra in Cambogia proiettò Vidoni nella storia della fotografia italiana.
Sulle pagine di “Photo 13”, laddove si svelava l’impostura “irlandese”, Ando Gilardi suggerì che le fotografie fossero state realizzate nel quartiere milanese della Bovisa ma si tratta dell’ennesima burla nella burla. La cosa, tuttavia, continua periodicamente ad essere riproposta da studiosi e critici. In realtà, lo ripetiamo, tutte le riprese furono realizzate a Cento e nella vicinissima Pieve di Cento.